Le scansioni cerebrali mostrano che i bambini che vivono in povertà tendono ad avere meno “materia grigia” nelle aree legate alle capacità cognitive che sono fondamentali per la preparazione scolastica.
I bambini poveri hanno molte più probabilità di avere difficoltà a scuola, in parte a causa del modo in cui la povertà influenza l’architettura del cervello in via di sviluppo. I bambini che crescono in condizioni di povertà tendono ad avere meno “materia grigia” nelle strutture cerebrali che governano una serie di processi fondamentali per la preparazione scolastica, una differenza che contribuisce al rendimento insufficiente.
Questa nuova visione del cosiddetto “divario tra reddito e rendimento” deriva da un recente lavoro che ha analizzato le scansioni di risonanza magnetica (MRI) del cervello di centinaia di bambini e adolescenti, di età compresa tra 4 e 22 anni. La nostra analisi evidenzia chiare differenze nel sviluppo di queste strutture cerebrali cruciali, in particolare per i bambini più poveri, cioè quelli le cui famiglie vivono al di sotto della soglia di povertà federale degli Stati Uniti. Anche i bambini “quasi poveri”, quelli che vivono in famiglie con redditi inferiori a 1,5 volte la soglia di povertà federale, avevano un volume di materia grigia significativamente inferiore, sebbene ne avessero di più rispetto ai bambini più poveri.
“Questi risultati evidenziano le conseguenze per i bambini e le generazioni successive quando i politici non riescono ad intraprendere azioni sufficienti per combattere la povertà. Suggeriscono anche grandi vantaggi educativi se si indirizzano le politiche alle famiglie che vivono con livelli di reddito molto bassi”.
La nostra ricerca delinea un meccanismo biologico che può spiegare parte del divario nei risultati tra i bambini poveri e quelli benestanti. È stato a lungo osservato che i bambini a basso reddito hanno risultati sproporzionatamente peggiori a scuola. È molto più probabile che abbiano difficoltà a concentrarsi, ricordare, comprendere, controllare il proprio comportamento e ad affrontare aree complesse di apprendimento. Il nostro lavoro suggerisce che diverse regioni del cervello legate a processi critici per l’apprendimento e il funzionamento accademico (come focalizzare l’attenzione, risolvere problemi, memoria e comprensione del linguaggio) sono vulnerabili alle circostanze ambientali della povertà.
Questi risultati evidenziano le conseguenze per i bambini e per le generazioni successive quando i decisori politici non riescono ad affrontare sufficientemente la povertà. La ricerca ha già dimostrato che lo scarso rendimento scolastico, che il nostro studio dimostra essere in parte radicato nella maturazione ritardata del cervello, mina l’apprendimento futuro e il successo sul lavoro, portando a minori guadagni nel corso della vita e, quindi, al radicamento della disuguaglianza tra le generazioni.
Tuttavia, il cervello umano è malleabile, soprattutto nei bambini, e il sottosviluppo può essere affrontato in modo efficace. La ricerca suggerisce che potrebbero esserci grandi vantaggi in termini di istruzione indirizzando le politiche alle famiglie che vivono con livelli di reddito molto bassi.
La scansione cerebrale del volume della materia grigia fornisce anche un biomarcatore di successo. Questa tecnica potrebbe essere utilizzata per determinare quali politiche per questi bambini siano le più efficaci, permettendoci di allocare le risorse in modo relativamente efficiente. Disporre di un biomarcatore così affidabile dovrebbe anche incoraggiare le innovazioni per combattere l’impatto della povertà, ora che la loro efficacia può essere testata più facilmente.
I nostri risultati potrebbero sottostimare le conseguenze del vivere in povertà sullo sviluppo cerebrale dei bambini. Il gruppo che abbiamo studiato è stato inizialmente campionato per uno studio sul normale sviluppo del cervello ed ha escluso i bambini con basso peso alla nascita e quelli con storie mediche familiari, prenatali, di nascita e perinatali compromesse. Questi problemi sono comuni tra le famiglie che vivono in povertà. Inoltre, rispetto alle medie nazionali, le famiglie del nostro campione erano altamente istruite. In breve, abbiamo studiato un gruppo che probabilmente se la passa meglio della maggior parte dei bambini che vivono in povertà. Anche se non siamo stati in grado di studiare un campione veramente rappresentativo di bambini a basso reddito – abbiamo osservato solo i più sani e robusti tra i poveri – le restrizioni hanno fatto sì che l’impatto della povertà sul loro cervello potesse essere isolato e non confuso con altri fattori.
Il nostro studio si è concentrato sulle regioni del cervello note per subire un periodo prolungato di sviluppo postnatale e quindi con maggiori probabilità di essere influenzate dalle condizioni ambientali. Le scansioni hanno identificato differenze di sviluppo nei lobi frontali che sono responsabili del controllo dell’attenzione, dell’inibizione, della regolazione delle emozioni e dell’apprendimento complesso. C’erano anche differenze nel lobo temporale che è importante per la memoria e la comprensione del linguaggio, come identificare le parole, mettere in relazione i suoni ascoltati con le lettere dell’alfabeto e attribuire significato alle parole. Stimiamo che le differenze di sviluppo nei lobi frontali e temporali, sensibili alle circostanze ambientali di povertà, spieghino dal 15 al 20% dei deficit nei risultati dei test standard dei bambini a basso reddito.
Studi di questo tipo che utilizzano scansioni cerebrali ripetute di bambini potrebbero essere utilizzati per studiare l’influenza di una varietà di programmi mirati. Questi potrebbero variare da modelli alternativi di istruzione a programmi di arricchimento nutrizionale, a programmi di aumento del reddito. L’approccio potrebbe anche valutare se questi programmi funzionano meglio all’età di 3 o 7 anni, o se sono più efficaci per i ragazzi che per le ragazze. Questo lavoro sta aprendo un modo completamente nuovo di studiare le conseguenze della povertà e l’efficacia delle politiche per ridurne le conseguenze.